Sessantanni di televisione e ottantatré candeline sulla sua torta. Il 7 giugno Pippo Baudo ha festeggiato un doppio compleanno con una serata evento andata in onda in prima serata su Raiuno dove, tra gli invitati, spiccavano molti tra i personaggi da lui scoperti, che ha contribuito a lanciare e che poi sono entrati a loro volta nella storia dello spettacolo come Laura Pausini, Lorella Cuccarini, Rosario Fiorello, Michelle Hunziker, Al Bano, Jovanotti e tanti altri ancora. Per l’occasione lo showman per eccellenza si è raccontato a Vero, tracciando un bilancio della sua carriera e del suo percorso umano.
«Devo essere un po’ immodesto»
Pippo Baudo , nel corso della tua fantastica carriera hai condotto diversi programmi: quale ti è rimasto più nel cuore?
«Dico Novecento: riuscimmo a coniugare cultura e spettacolo. La trasmissione era partita come un esperimento nel pomeriggio di Rai-tre e con il tempo è cresciuta. Tutti i più grandi venivano ospiti nel programma spontaneamente. Sarebbe bellissimo poter fare una nuova versione, in linea con i tempi che stiamo vivendo oggi».
C’è, invece, un format che non sei riuscito a fare?
«Nel rispondere a questa domanda devo necessariamente essere immodesto! Tutto quello che ho voluto fare, nel corso degli anni, sono riuscito a farlo. Grazie al cielo la Rai mi ha sempre accontentato. Quando guardo al passato, a tutto quello che ho fatto, non ho rancori, amarezze o rimpianti. Conservo solo gioie, fortunatamente, dentro di me».
Nel corso degli anni hai collaborato con tantissimi artisti: qualcuno ti ha deluso?
«Purtroppo la riconoscenza non è nella natura dell’uomo. La riconoscenza
E’ un brillante che ti appartiene o non ti appartiene. Io faccio le cose perché mi piace farle: se poi arriva la riconoscenza, è qualcosa in più. Se non arriva, pazienza. Per questo motivo, quando non mi è arrivato un “grazie’- da qualcuno che avrebbe potuto dirmelo, non ne ho fatto certo un dramma».
Ancora oggi rappresenti il simbolo della televisione di qualità. Che cosa pensi della volgarità dilagante sul piccolo schermo?
«Da questo punto di vista, rispetto al passato lo scenario è totalmente cambiato. In Italia oggi si fa moltissima televisione, si accendono migliaia di canali ogni sera. La Rai ha l’obbligo istituzionale di alzare il livello e di offrire la vera televisione, rivendicando l’orgoglio di essere la prima Tv».
In particolare, che cosa è venuto meno nei programmi di oggi?
«In questi anni la Tv ha perso l’ingenuità, un ingrediente che riusciva a fare la differenza. Ma, secondo me, non tutto è ancora perduto. Anzi, direi che si può recuperare. Dobbiamo sempre guardare al domani, non volgendo le spalle al passato. Il vero uomo di vita prende spunto dagli insegnanti del passato per disegnare prospettive per l’avvenire. Anche l’uomo di spettacolo deve fare così».
Pensi che quello che sta facendo la Rai, in questo momento, non sia abbastanza?
«Secondo me la Rai sta facendo tanto per quanto riguarda la qualità, ma il palinsesto va rinnovato: credo che questo sia un dovere. La direzione deve essere innovativa. Sono fermamente convinto del fatto che non si dovrebbero temere le novità. All’inizio il programma nuovo sconvolge, ma, successivamente, può coinvolgere il pubblico. Se afferri un segnale del tele-spettatore e lo trasformi in offerta televisiva, hai fatto un programma moderno».
Tempo fa indicasti Alessandro Cattelan come tuo erede: sai ancora di questa idea o hai individuato altri conduttori?
«In effetti, un po’ di tempo fa feci il suo nome in un’intervista. E un ragazzo intelligente, parla un inglese sciolto e mi piace molto il suo modo di condurre e internazionale.
Stralcio di Intervista trattoda Vero.
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