Tratto da un’operazione culturale che purtroppo non incontrerà mai il gusto del pubblico». Ne era convinto, erroneamente, a fine anni ’90. un direttore della fiction Rai. Lo cita ancora oggi, senza rivelarne il nome, il produttore televisivo e cinematografico Carlo Degli Esposti (tra i suoi grandi successi, oltre al celebre commissario siciliano, c’è anche la serie Braccialetti rossi).
«Uno sguardo nuovo e moderno»
Quel manager si sbagliava a tal punto che, dopo quasi vent’anni dalla messa in onda del primo episodio, Il ladro di merendine (1999), ogni volta che il mitico poliziotto di Vigata torna su Raiuno fa il botto: lo scorso anno ha sfiorato gli undici milioni di spettatori. Sempre interpretato da Luca Zingaretti, è tornato in prima serata (il 27 febbraio va in onda Un covo di vìpere e il 6 marzo vedremo Come voleva la prassi). È un Montalbano a “tinte forti”, ha rivelato a Vero il regista Alberto Sironi: classe 1940. ha diretto la fiction fin dai suoi esordi sul piccolo schermo. «Entrambi i film si collocano sulla scia delle ultime opere di Camilleri», ha commentato il regista. «Rispetto a esse, l’autore ha dichiarato:
“Voglio accompagnare Montalbano sull’orlo del baratro”,
mostrandogli dunque la follia terribile e alcune anomalie insite nell’animo dell’essere umano». Per Sironi la difficoltà maggiore è stata «provare a tradurre in immagini, con la macchina da presa, la scrittura di Camilleri senza “tradire”, però, quel suo sguardo così nuovo, moderno, aperto. Nella prima storia, Un covo di vipere», ha proseguito Sironi, «l’autore prende un tabù e lo rovescia: si parla di incesto, ma nell’ambito di una vera storia d’amore, per quanto disperata e contro natura. Un sentimento tragico e impossibile, ma autentico. E Camilleri lo rispetta. Nella seconda, Come voleva la prassi, si mette in scena l’orrore: una povera ragazza viene trovata neM’androne di un palazzo, nuda e morta, uccisa barbaramente durante un macabro rito. Ho provato a raccontare
tutto ciò senza negare la violenza efferata, ma facendola trapelare più attraverso lo sguardo dei testimoni dell’orrore che indugiando sull’orrore in sé».
L’attrice perfetta per interpretare Livia
Nei due nuovi episodi, accanto a Montalbano, toma Livia, l’eterna fidanzata del commissario, dallo scorso anno interpretata da Sonia Bergamasco. «Nei primi dieci anni della serie, Salvo era un uomo più legato alla sensualità che non alla comprensione e a un rapporto alla pari come, invece, appare oggi», ha sotto-
lineato Sironi. «Per esprimere al meglio questo cambiamento era necessaria un’attrice del calibro della Bergamasco. Sul set la capacità che Luca e Sonia hanno di incontrarsi è formidabile». In merito al “fenomeno Montalbano” e al suo straordinario consenso di pubblico dagli scaffali delle librerie al piccolo schermo, abbiamo consultato anche il giornalista siciliano Gianni Bonina, che ha firmato l’autorevole saggio Tutto Camilleri (Sellerio): «La serie Tv continua a suscitare interesse, così come i libri, perché, nonostante le tipizzazioni differenti, la trasposizione si è mantenuta fedele. Montalbano piace: così
irriverente verso le gerarchie, indifferente alle promozioni, “scapoione” ma non anaffettivo, portatore di un proprio codice penale nel quale sono contemplati sentimenti come la solidarietà e la sensibilità. Sprovveduto nell’uso dei social e delle nuove tecnologie, refrattario pure all’utilizzo della pistola, contento della sua Punto priva di cerchioni». E ha aggiunto: «Quelli che sono venuti dopo, da Rocco Schiavone a L’ispettore Coliandro, sono sue caricature, tutto il contrario del vecchio commissario ‘‘alla Cattani” de La Piovra, che pure ci sembrò il più moderno rispetto agli Sheridan e ai Maigret». Relativamente a Luca Zingaretti, Bo-nina ha dichiarato: «Inizialmente avrei preferito un commissario meno chiacchierone, più in linea con il personaggio letterario che procede nelle indagini facendo uso del “ragionamento” e del “saltafossi”,
anziché del pedinamento e dell’intercettazione, ma non è detto che avrebbe funzionato di più. La Tv richiede movimento, presenza, concitazione. Zingaretti, che sembra “una molla” – con modi di fare quasi elettrici, più conformi a un monello impenitente che a uno scapolo pantofolaio – ha dato tutto questo».
“Un caso letterario eccezionale”
L’esperto, infine, ci ha offerto una riflessione: «Forse è giunto il momento di riconsiderare Camilleri e studiarlo come caso letterario di eccezionale novità, partendo dall’analisi della sua ricerca, in particolare da quella che è la sua cifra più innovativa e personale: la “voglia di sgorbio”, la spinta a “derazzare”, a cercare sempre strade nuove, a frequentare più generi e sperimentarli in un’officina che oggi è unica e che è un patrimonio italiano. Siciliano, se permettete».
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